Garanzie e Perizie

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Il gioiello incontra l’opera d’arte

L’Art Nouveau rappresenta sia una nuova concezione artistico-sociale, sia un nuovo tipo di relazione tra le arti figurative e le arti applicate.

L’importanza che queste ultime hanno assunto nel periodo Liberty è in stretta connessione con i cambiamenti politici e sociali in atto e con il nuovo  rapporto che si va instaurando tra arte e società. Il successo dell’interesse intorno all’Art Nouveau è determinato, infatti, da una serie di fenomeni quali le rivoluzioni borghesi, la formazione degli Stati nazionali e la crescita dei sistemi economici in chiave industriale che stimolano l’imprenditoria borghese e allo stesso tempo contribuiscono al successo delle Grandi Esposizioni Universali che nascono proprio alla fine dell’Ottocento.

Secondo la storica dell’arte Rossana Bossaglia “ Alla fine dell’Ottocento, nel contesto di profonde modifiche della società e di evoluzione della classe borghese, e nella scia di sempre più intense e significative riflessioni teoriche sul problema dell’arte – specificamente su cosa sia l’arte – il ruolo delle cosiddette arti applicate va assumendo un nuovo e diverso valore; al punto che lo stile caratterizzante questo periodo, cioè l’Art Nouveau – con i correlativi fenomeni nei vari paesi europei – parte sostanzialmente dalla produzione di oggetti, per diffondersi poi a tutti i livelli dell’espressione artistica.”

Il dialogo e il confronto reciproco tra artisti e artigiani si rivela in questo periodo serrato e tendente a un rinnovamento dei linguaggi artistici: l’Art Nouveau, erede diretta dell’esperienza e dell’influenza Simbolista, rappresenta quindi una rivoluzione espressiva che investe tutti i campi dell’arte.
Già nel 1893, alcuni tra gli artisti più innovatori nell’ambito dei circoli intellettuali simbolisti, come Jan Toorop, Fernand Khnopff, Maurice, Maeterlinck danno vita a una nuova associazione, la Libre esthétique (l’estetica libera), innovativa nella sua apertura nei confronti delle sperimentazioni nell’ambito delle arti visive come anche nelle arti applicate e nella grafica.

Sulla scia di queste esperienze, all’inizio del ‘900, gli artisti, spinti dalla ricerca di nuove modalità espressive, si dedicano, oltre che alla produzione delle loro opere, anche al disegno di gioielli o alla loro stessa realizzazione. Un esempio tra i tanti è quello della collaborazione tra il grafico e artista cecoslovacco Alphonse Mucha, legato alla Secessione viennese, e George Fouquet, figlio del noto gioielliere parigino Alphonse Fouquet, che realizzò gli oggetti orafi a partire dai disegni di Mucha.
Nel 1895 George Fouquet, dopo aver assunto la direzione della Maison del padre, decide di intraprendere la nuova strada dell’Art Nouveau, esponendo gioielli inediti e innovatori, contribuendo così al riconoscimento del profondo valore artistico di questi oggetti. Tra il 1899 e il 1901, la collaborazione di Fouquet con Mucha segna un ulteriore punto di svolta nell’ottica di tale riconoscimento, portando alla realizzazione di opere spettacolari.

D’altra parte, in tutta Europa, le suggestioni tratte dalla natura, le linee dinamiche, gli accostamenti cromatici intensi, i motivi vegetali e il rifiuto del rigore della simmetria costituiscono il fil rouge che lega le opere di pittori e scultori, i progetti architettonici, il design degli interni, gli oggetti e i gioielli.

A. Mucha, Dessin de Montre, Jewelry Design illustration For Georges Fouquet, 1900

A. Mucha, Dessin de Montre, Jewelry Design illustration For Georges Fouquet, 1900
 

In opposizione alla serialità e alla freddezza della civiltà della macchina l’Art Nouveau sottolinea, infatti, la libertà d’espressione, curva il proprio sguardo sulla fluidità e sui dettagli minimi della natura e si presenta con nuovi ritmi di linee dinamiche e di ispirazione orientale.

Il nuovo gusto stilistico permette quindi di creare un gioiello dalla fisionomia assolutamente inedita, anche grazie alla sensibilità dei numerosi artisti che contribuiscono ad arricchire questo ambito estetico.
L’originalità dei motivi e l’interesse specifico di questo periodo artistico nei confronti della bellezza formale fanno si che lo stile stesso diventi uno degli elementi determinanti per la valutazione del valore dell’oggetto in sè.

In tal modo, anche nel gioiello, il valore della novità stilistica predomina sulla preziosità dei materiali: si fa strada infatti una nuova considerazione dell’elemento decorativo che non è più legata a una semplice sovrastruttura bensì diviene stimolo per la struttura stessa, tanto da consentire di modellare oggetti artistici di autonoma bellezza.

Renè Lalique, nell’ambito dell’Art Nouveau, è tra gli artisti orafi che ha contribuito maggiormente a delineare un nuovo sguardo sulla percezione del gioiello. La produzione di questo grande orafo francese, caratterizzata da un forte simbolismo e da un’estrema leggerezza e armonia, sia nelle forme sia negli accordi di colore, fa emergere dalla sua opera un’individualità artistica dallo stile estremamente riconoscibile. Egli, inoltre, utilizza non solo materiali preziosi ma anche semi-preziosi e inusuali, come il vetro satinato e inciso, accostandoli a tecniche di smaltatura sperimentali.

L’orafo francese è riconosciuto, pertanto, al pari di un vero artista ed elogiato per la sua arte orafa in ogni ambito. Egli ebbe modo di partecipare con le sue creazioni più originali a innumerevoli mostre ed esposizioni universali in tutta Europa, a iniziare dall’Esposizione Universale di Parigi del 1900 e dalla mostra La Maison de l’Art Nouveau nella galleria del celebre mercante d’arte Samuel Bing, le quali sanciscono il successo dei suoi gioielli.
 
Già nel 1897 Emile Gallé, il noto industriale delle arti decorative, descrive con entusiasmo le creazioni di Lalique affermando che un suo gioiello “possiede tutte le qualità richieste: eleganza di disegno, sicurezza di costruzione, sobrietà nello sfarzo […] tecnica raffinata, virtuosismo amorevole, appassionato talento per i materiali gradevoli, accordo dei colori”.

R. Lalique, Anello, Oro 18 carati, smalto e perla, 1900

La spinta creativa che ibrida i vari ambiti della produzione artistica e i primi riconoscimenti del gioiello come opera d’arte derivano dalla nascente idea che l’arte non debba essere circoscritta esclusivamente alle opere prive di funzioni pratiche, ma che si possa attuare una rivoluzione estetica nel quotidiano che mescoli arte e vita e che interessi gli oggetti di uso comune.

Tali principi sono anche alla base della Wiener Werkstatte (Officina Viennese) fondata nel 1903 da Joseph Hoffmann e da Kolo Moser, che costituisce una tappa fondamentale nata dalle premesse della Guild and School of Crafts di Ashbee e che anticipa l’esperienza del Bauhaus e la nascita dell’industrial design.

L’Officina Viennese era una comunità di artisti operanti in vari settori dell’attività creativa, dai mobili alla rilegatura di libri, al gioiello e ai tessuti, il cui l’intento principale era di integrare la ricerca estetica all’interno della fase progettuale ed esecutiva della produzione industriale.

Nei gioielli dell’architetto e designer, Joseph Hoffmann e dell’artista Otto Czeschka possiamo notare, ad esempio, i segni evidenti della ricerca artistica che tende a caratterizzarsi per le linee avvolgenti e stilizzate oltre che per le forme dai tagli geometrici e squadrati proprie della Secessione Viennese.

C. O. Czschka, Wiener-Werkstätte_Bracciale, Oro e Pietra di luna, 1910


Rispetto al gusto dell’Art Nouveau francese, la Scuola di Vienna e la Wiener Werkstatte, si orientano, infatti, verso una maggiore geometrizzazione e semplificazione delle forme: l’ispirazione sembra essere quella dei modelli bizantini e della schematizzazione tipica dei mosaici.

C. O. Czschka, Gerlach's Allegorien Plate #83 Stagioni, Litografia, 1897

Così come l’oreficeria si rivolge alle opere degli artisti visivi per trarne ispirazione anche l’arte guarda alla produzione orafa più innovativa. Considerando, ad esempio, i due pittori secessionisti per eccellenza, Klimt e Schiele, Guido Gregorietti, storico direttore del museo Poldi Pezzoli di Milano, afferma che “ L’arte di Gustave Klimt e di Egon Schiele non è estranea alla gioielleria secessionista per certe soluzioni decorative e certo preziosismo cromatico che caratterizzano i dipinti dei due maestri.

La contaminazione interdisciplinare dei diversi ambiti artistici che mirava ad una sintesi tra arte e artigianato era, infatti, dalla seconda metà del XIX secolo, un obiettivo di molte realtà artistiche Europee, la più nota delle quali è rappresentata dalla scuola del Bauhaus, che trovava la propria essenza fondante nella concezione wagneriana di opera d’arte totale.

Nel saggio Arte e Rivoluzione, del 1849, Richard Wagner parla, infatti, della Gesamtkunstwerk, un neologismo dell’autore, intraducibile in italiano ma che si riferisce alla convergenza dei saperi artistici al fine del conseguimento delle sintesi di tutte le arti, espressione più profonda dell’anima di un popolo.

Nonostante Wagner tratti questo tema nell’ambito della tradizione artistico- musicale, il concetto si è poi esteso a ogni campo artistico e ha avuto un grandissimo sviluppo lungo l’Ottocento e il Novecento.

Parallelamente alla tensione verso il rinnovamento avviato dalla gioielleria Art Nouveau, è da tenere presente che persistevano comunque forme più tradizionali e commerciali dell’arte orafa, simboli in particolare del benessere personale, associate alle grandi Maison. Cartier e Boucheron a Parigi, Asprey a Londra, Black Starr e Frost a New York, Bulgari in Italia, producevano, infatti, oggetti di grande valore tecnico-artigianale ma con un approccio sicuramente più classico rispetto al fermento artistico che si andava manifestando.